Tornando su un tema già affrontato in relazione a
fattispecie similari, la Suprema Corte, con la Sentenza n. 7740/2020, afferma
il principio per il quale l’operazione finanziaria consistente nel
rifinanziamento, da parte dell’Istituto di credito, della parte debitrice
mediante concessione di un nuovo mutuo per l’importo del debito residuo, non
caratterizzato dall’introduzione di nuove condizioni negoziali rispetto al
precedente rapporto (sotto il profilo delle condizioni economiche alle quali
viene concesso il credito oppure in ordine alle modalità di pagamento) e che si
riduca quindi ad una semplice dilazione del termine di restituzione del capitale,
va considerato avente natura gratuita ai sensi e per gli effetti dell’art. 2901
c.c. con conseguente ammissibilità dell’azione revocatoria in relazione alla
sola costituzione della garanzia reale, anche laddove il primo rapporto di
mutuo fosse già assistito da medesima garanzia. (Vedi anche Cass. Civ., Sez. I, 9 novembre 2018, n. 28802; Cass. Civ., Sez. I, 21 febbraio 2018, n. 4202; Cass. Civ., Sez. I, 25 luglio 2018, n. 19746; Cass. Civ., Sez. I, 31 agosto 2018, n. 21535; Cass. Civ., Sez. I, 19 aprile 2016, n. 7745; Cass. Civ., Sez. 1, 29 febbraio 2016, n. 3955; Cass. Civ., Sez. I, 5 agosto 2019, n. 20896)
Il caso di specie.
Il caso di specie vede contrapposte, nell’ambito di una procedura concorsuale
(e, nello specifico, di un giudizio di opposizione allo stato passivo) la
società Alfa in amministrazione straordinaria e la società Beta SPV, quale
cessionaria di un credito scaturente da un contratto di mutuo stipulato dalla
Alfa, ai tempi in bonis, con la Banca Gamma.
Più nel dettaglio, Alfa e Gamma avevano stipulato due mutui.
Il primo, assistito da garanzia ipotecaria su una serie di beni appartenenti ad
Alfa, per un importo di oltre 3.000.000 di Euro.
Il secondo, invece, pur ricalcando le medesime condizioni in punto interessi e
modalità di pagamento, nonché venendo concesso per il medesimo importo del
primo, veniva utilizzato per estinguere la precedente esposizione e portava un
termine di restituzione del capitale più lungo. Anche tale ultimo rapporto
veniva, infine, garantito mediante ipoteca volontaria accesa sui medesimi beni
oggetto dell’ipoteca connessa al primo finanziamento.
Nella sostanza, quindi, l’operazione posta in essere dalle parti realizzava un
mero rifinanziamento della posizione debitoria.
A seguito della dichiarazione di insolvenza dei Alfa, Beta, a sua volta
cessionaria del credito derivante dal secondo mutuo stipulato con Gamma, si
insinuava nella procedura per l’ammontare del capitale residuo, chiedendo
l’ammissione in via ipotecaria.
Il Giudice delegato, tuttavia, ammetteva Beta al passivo per l’importo
richiesto unicamente al chirografo in quanto riteneva che l’atto ci concessione
volontaria dell’ipoteca fosse da revocare “...in via breve, ex art. 2901 c.c.,
poiché concesso in pregiudizio dei creditori e nella conoscenza di tale
pregiudizio, ricavabile dal fatto che il finanziamento era stato erogato per
ripianare un precedente debito scaduto...”
Tale decisione veniva sostanzialmente ribaltata nel giudizio di opposizione
allo stato passivo giacché il Tribunale ammetteva al passivo Beta per il
summenzionato importo in via ipotecaria, ritenendo che il secondo “...atto di
concessione… costituisse soltanto un riscadenziamento dei termini di rimborso
del mutuo originario, e dunque presentasse natura onerosa, con la conseguenza
che il credito, identico a quello iniziale, fosse già "ab origine"
ipotecario...”
Il quesito giuridico.
La questione posta all’attenzione della Suprema Corte attiene alla natura,
onerosa o gratuita, del secondo atto di concessione del credito ai fini
dell’art. 2901 c.c.
Orbene, va detto che il tema risulta essere stato affrontato in numerose
pronunce della Corte che, tuttavia, avevano ad oggetto una fattispecie, affatto
differente, nella quale:
1. l’Istituto di credito erogava un primo mutuo non assistito da garanzia
ipotecaria;
2. con successivo mutuo, munito invece di garanzia ipotecaria, la Banca erogava
un credito che veniva utilizzato per estinguere la precedente esposizione.
Una fattispecie, quindi, nella quale la concessione del secondo finanziamento
svolgeva la funzione di munire di garanzia reale un credito che inizialmente ne
era sprovvisto, e che la Suprema Corte aveva ricondotto nell’alveo delle
operazioni a titolo gratuito (cfr. Cass. Civ. Sez. I, sent. 9 novembre 2018, n.
28802, Cass. Civ. Sez. I, sent. 19 aprile 2016, n. 7745, Cass. Civ. Sez. I,
ord. 21 febbraio 2018, n. 4202, Cass. Civ. Sez. I, ord. 25 luglio 2018, n.
19746, Cass. Civ. Sez. I, ord. 31 agosto 2018, n. 21535)
Nel caso di specie, tuttavia, entrambi i mutui erano ab origine garantiti da
ipoteca e pertanto i Giudici hanno dovuto effettuare uno scrutinio dei principi
affermati nella materia onde verificare se la fattispecie in esame fosse
meritevole di identico trattamento.
La soluzione della Suprema Corte.
Nell’offrire una soluzione al quesito, la S.C. ha messo a fuoco alcuni principi
già affermati in seno alla sezione prima.
In primo luogo, viene precisato che una operazione quale quella oggetto del
contendere normalmente integra una fattispecie di procedimento negoziale
indiretto, nel cui ambito il mutuo ipotecario viene erogato realmente e viene
utilizzato per l'estinzione del precedente debito chirografario, senza potere
automaticamente essere ricondotta al tipo della simulazione di mutuo piuttosto
che allo schema della novazione oggettiva.
I Giudici hanno, poi, chiarito la distinzione con le operazioni di
rifinanziamento del debitore. Tali fattispecie si caratterizzano, infatti, per
il ricorso al credito come strumento di ristrutturazione del debito (cfr. gli
artt. 186 bis e 186 quater della L. Fall.) che consente di rinegoziare i
finanziamenti bancari anche nei riguardi di debiti scaduti.
Per la Corte, peraltro, l’elemento caratterizzante di questa tipologia di
ricorso al credito va ravvisato in alcuni elementi fattuali e segnatamente:
1. deve seguire effettivamente, poi, l'erogazione di nuova liquidità da parte
della banca;
2. tale erogazione deve essere funzionale non solo (e non tanto) all'azzeramento
della preesistente esposizione debitoria, ma soprattutto "...a rimodulare,
per il tramite di nuove condizioni negoziali - per esempio afferenti il tasso
di interesse - o rinnovate tempistiche dei pagamenti, l'assetto complessivo del
debito nel contesto di una nuova veste giuridico-economica degli anteriori
rapporti..."
Pertanto, seguendo il ragionamento degli Ermellini, la questione non può che
essere affrontata considerando le modalità attraverso le quali l’erogazione di
liquidità volta alla ristrutturazione della posizione debitoria avviene.
In concreto, quindi, nella misura in cui il secondo mutuo non comporti
l’introduzione di nuove condizioni negoziali rispetto al precedente rapporto,
sotto il profilo delle condizioni economiche alle quali viene concesso il
credito oppure in ordine alle modalità di pagamento, riducendosi, quindi, ad
una semplice dilazione del termine di restituzione del capitale, va affermato
il principio per il quale “...laddove non si ravvisino profili di erogazione di
nuova liquidità, piuttosto che assistersi a spostamenti di danaro,
trasferimenti patrimoniali e consegne, il ripianamento di un debito a mezzo di
nuovo credito, che la banca già creditrice metta in opera con il proprio
cliente, sostanzia propriamente un'operazione di natura contabile, ovvero con
una coppia di poste nel conto corrente - una in "dare", l'altra in
"avere" - per l'appunto intesa a dare corpo ed espressione a una
simile dimensione…".
E tale fattispecie negoziale, ai sensi dell’art. 2901 c.c., deve ritenersi
avente natura gratuita, con conseguente ammissibilità dell’azione revocatoria
ordinaria in relazione alla sola costituzione della garanzia reale che, quanto
agli atti a titolo gratuito, non impone che il pregiudizio arrecato alle
ragioni dei creditori sia conosciuto sia dal debitore che dal terzo
beneficiario, soggetto, quest’ultimo, che acquisisce comunque un vantaggio
senza un corrispondente sacrificio.
Riferimenti normativi:
Art. 2901 c.c.;
artt. 186 bis e 186 quater L. Fall.
Cassazione civile, Sez. III, sentenza 8 aprile 2020, n. 7740